Orfeo e le Sirene sono tornati al Museo Nazionale Archeologico di Taranto.
Da un anno, infatti, il rimpatrio è stato possibile grazie ad una difficile operazione investigativa condotta in Italia e all’estero dai Carabinieri della Sezione Archeologia del Reparto Operativo del Comando per la Tutela del Patrimonio Culturale (TPC), coordinata dalla Procura della Repubblica di Taranto, in collaborazione con il District Attorney’s Office di Manhattan (New York – U.S.A.) e lo Homeland Security Investigations (H.S.I.).
L’opera fu trafugata negli anni ‘70 da un sito archeologico tarantino e acquistata successivamente dal The Paul Getty Museum di Malibu (Los Angeles – U.S.A.).
Orfeo e le Sirene: la fonte storica
Racconta il poeta greco Apollonio Rodio, nel suo poema epico Argonautiche, che, di ritorno dalla missione del Vello d’Oro, gli Argonauti giungono presso l’isola delle Sirene, che incantano e uccidono chiunque approdi. Qui gli eroi sono tratti in salvo grazie all’intervento del cantore tracio Orfeo, che, tendendo la cetra e intonando un canto vivace, riempie le orecchie dei marinai, salvandoli dalla voce delle fanciulle. Per risposta, le Sirene, attonite per la sconfitta, si gettano dagli scogli.
Orfeo e le Sirene: la descrizione
L’episodio è rappresentato da un gruppo in terracotta a grandezza quasi naturale esposto al primo piano del Museo.
Le due Sirene, raffigurate come uccelli rapaci con un corpo di donna e ritte sulle lunghe zampe con gli artigli ancorati allo scoglio, indossano una corte veste stretta in vita terminante con una coda a ventaglio.


Una Sirena canta, alzando le braccia verso l’alto. L’altra, con i riccioli quasi completamente conservati, si tocca il mento flettendo l’altro braccio in una postura spesso usata per esprimere dolore.
Di fronte a loro, Orfeo, seduto su un trono su cui restano tracce dell’originaria decorazione policroma, poggia i piedi su uno sgabello.


Egli indossa solo il mantello, avvolto intorno alle gambe e sulla spalla sinistra a lasciare scoperto il petto. La capigliatura è andata perduta. Dischiude appena le labbra, forse nel canto. Nella mano destra impugna il frammento di un plettro, nell’altra doveva reggere uno strumento a corde, oggi disperso.
La datazione e il significato
L’opera fu realizzata a Taranto alla fine del IV secolo a.C. e probabilmente adornava un ricco sepolcro della città di un defunto appartenente alla religione orfico-pitagorica.
In effetti, il mito è raro: la figura di Orfeo, a quell’epoca, è il simbolo del trionfo dell’armonia sul disordine, un concetto basilare del pensiero politico e filosofico pitagorico, particolarmente diffuso in Magna Grecia e perseguito dal filosofo Aristosseno di Taranto e amato da Archita che governò la città nella seconda metà del IV sec. a.C.

Fonte: Mostra Orfeo e le Sirene al MArTA di Taranto. Foto: Dario Durante