Calvino e l’iconografia di San Girolamo

Nel romanzo fantastico Il castello dei destini incrociati, nel gioco narrativo tra i tarocchi e le storie dei protagonisti, Italo Calvino nella parte finale sostituisce le carte con alcuni quadri che più gli piacciono.

Calvino riferisce di essere attratto dalla figura di Girolamo, il santo eremita e studioso che consulta i trattati religiosi all’aria aperta, seduto davanti ad una grotta.

San Girolamo
Pittore ligure, da Rogier van der Weyden e bottega, San Girolamo che leva la spina al leone, Accademia Carrara, Bergamo

Il leone di San Girolamo

San Girolamo è tradizionalmente raffigurato accanto a un leone che mise in fuga i suoi seguaci quando si trovavano nel deserto. A differenza degli altri, però, il santo non ebbe paura. Anzi, lo curò perché si rese conto che era ferito e, successivamente, lo accolse nella sua comunità, al fianco dell’asino unico bene dei monaci.

Per Calvino, questo leone domestico e tranquillo potrebbe rappresentare la parola scritta che ammansisce le passioni o sottomette le forze della natura. Oppure può essere un elemento armonico in contrasto con la disumanità dell’universo o, infine, potrebbe covare una violenza trattenuta ma sempre pronta ad avventarsi e sbranare.

Tra l’ambientazione delle opere dedicate a San Girolamo, lo scrittore nota che gli oggetti del leggere e dello scrivere si posano tra le rocce e le erbe diventando i prodotti e gli strumenti della continuità minerale-vegetale-animale.

Tra le suppellettili dell’eremita c’è anche un teschio che per Calvino rappresenta la parola scritta che tiene sempre presente la cancellatura della persona (che ha scritto o di quella che leggerà).

San Girolamo e la città

Calvino sottolinea come i quadri degli eremiti, quasi sempre, hanno una città sullo sfondo. In un’opera di Rembrandt la città alta sovrasta il leone che gira il muso intorno, e il santo in basso, che legge beato, all’ombra d’un noce, sotto un cappello a larghe tese.

La forza dell’eremita si misura non da quanto lontano è andato a stare, ma dalla poca distanza che gli basta per staccarsi dalla città, senza mai perderla di vista.

San Girolamo nello studio

In alcune opere, invece, prevale la figura del santo intento a studiare le sacre scritture disturbato soltanto dalla visita di alcuni animali, discreti messaggeri del mondo esterno. Antonello da Messina, ad esempio, dipinge un pavone in primo piano.

Antonello da Messina san Girolamo
Antonello da Messina, San Girolamo nello studio, 1474-75, National Gallery, Londra

Il mestiere dello scrivere uniforma le vite individuali, un uomo allo scrittoio assomiglia a ogni altro uomo allo scrittoio. Per tale motivo, Calvino mette in relazione San Girolamo con Sant’Agostino, anch’egli spesso raffigurato nel suo studio.

Il pittore veneziano Vittorio Carpaccio lo dispone infatti in uno spazio chiuso tra volumi e rotoli di pergamena, strumenti scientifici e addirittura al cospetto di un curioso cagnolino maltese.

Carpaccio Sant'Agostino iconografia
Carpaccio, Sant’Agostino nello studio, 1502

Per Calvino, lo spazio della stanza riproduce lo spazio della mente, l’ideale enciclopedico dell’intelletto, il suo ordine, le sue classificazioni, la sua calma. Oppure può rappresentare l’inquietudine di un intelletto tormentato come nel S. Agostino di Botticelli (agli Uffizi), che appallottola fogli dopo fogli e li butta per terra sotto il tavolo.

Botticelli, Sant’Agostino nello studio, 1490-95

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