Il Giorno della Memoria

Il 27 gennaio ricorre il Giorno della Memoria per commemorare le vittime della Shoah.

Per shoah, si intende il genocidio della popolazione ebraica in Europa da parte del regime nazista dal 1934 al 1945. Furono circa 6 milioni gli ebrei sterminati dai nazisti durante la guerra.

Lo sterminio degli ebrei

In un primo momento, il governo nazista decide di costituire nelle città dei ghetti, ovvero dei quartieri isolati in cui viene rinchiusa la popolazione ebraica in condizioni di intollerabile sovraffollamento e carenza di cibo.

Non mancano le fucilazioni di massa con la costituzione di grandi fosse comuni.

Successivamente, tra il 1941 e il 1942, si fa strada un orrendo progetto di sterminio in massa degli ebrei, con la creazione

  • di campi di concentramento, in cui i prigionieri sono impiegati per il lavoro forzato fino alla morte per stenti, sfinimento e malattie, e
  • campi di sterminio con l’installazione di camere a gas e forni crematori.

La memoria della Shoah

Nei campi di sterminio (in tedesco, lager), i nazisti si impegnano consapevolmente a non lasciare alcuna traccia delle proprie vittime. I corpi sono bruciati e le loro ceneri sono triturate fino a ridurle a una polvere impalpabile.

Tuttavia, grazie alle testimonianze dei sopravvissuti, l’orrore del genocidio è stato perpetuato nel tempo. La memoria è coltivata anche attraverso le opere d’arte, i memoriali della Shoah e gli spazi dei lager trasformati in museo.

Fino al primo Novecento, i memoriali sono stati intesi come monumenti, cioè come moniti contro l’oblio. Sono opere di grandi dimensioni, caratterizzati da un linguaggio espressivo solenne.

APPROFONDIMENTO. Come l’arte racconta la Shoah

La tendenza si è invertita a partire dagli anni Cinquanta, quando i luoghi della memoria hanno iniziato ad attenuare la loro funzione commemorativa per divenire strumento di riflessione e di elaborazione di drammi e lutti collettivi, e anche di promozione di processi di riconciliazione. La monumentalità ha così lasciato spazio a un linguaggio anti-monumentale.

Le pietre d’inciampo

La memoria si è fatta diffusa e partecipata come avviene, per esempio, per le pietre d’inciampo dell’artista tedesco Gunter Demnig, posizionate nelle città di 26 nazioni.

Queste pietre sono piccoli mattoncini quadrati di ottone che vengono incastonate sul terreno di fronte all’ultima abitazione delle vittime del nazismo (ebrei perseguitati, oppositori politici e militanti della Resistenza). Su di essi, si indica il nome e le date e dei luoghi di nascita, deportazione e morte della vittima.

L’idea di Deming è quella di creare il più grande monumento diffuso d’Europa, come stimolo alla coscienza collettiva per riflettere su quanto sia importante “ricordarsi di ricordare” e vigilare perché ciò che è accaduto non si ripeta.

Un piccolo blocco quadrato quindi emana una forza evocativa perché collocato davanti all’abitazione dei deportati: da lì sono stati prelevati, strappati ai loro affetti e alle loro occupazioni, per essere uccisi senza ragione.

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