Guido Tavagnacco, friulano della provincia di Udine, classe 1920, è uno dei pittori italiani che hanno partecipato alla Resistenza. Dopo l’8 settembre 1943, infatti, si aggrega alla Brigata Garibaldi in quel difficile e drammatico contesto geografico e militare del fronte orientale italiano.
La pittura partigiana
Dagli anni Sessanta, il suo lavoro artistico si concentra sulla propria vicenda personale partigiana elevandola ad esperienza collettiva per il desiderio di libertà e di partecipazione alla democrazia che ha accomunato numerosi giovani.
Scrive, infatti, il pittore:
Dopo la terribile guerra, con tutte le derivazioni e le sue implicazioni, gli stenti, i patimenti, c’è stato in me e in tutti noi dell’epoca, un nuovo modo di vedere dato da speranza e da quel senso di libertà che il periodo nero prima ci aveva costretti a non assaporare, a non conoscere.
Tavagnacco narra e descrive i momenti di vita dei partigiani caratterizzati da unità e fratellanza. Il partigiano sembra un guardiano della pace anche quando il segno si fa più dinamico, rapido e riassuntivo come negli innumerevoli schizzi su carta.
Per descrivere una sua opera del 1970, intitolata Partigiani, mi piace riportare una considerazione dello stesso autore:
I miei dipinti nascono come i giorni e come i giorni hanno la stessa iniziale malinconia. Ma poi la luce che segue mi dà coraggio e lo spazio si colora. Si, lo spazio, in parte rotto per ricomporsi secondo il cubismo di Braque più che di altri maestri. Le particolari e specifiche tonalità, con una lenta distruzione e annullamento dei volumi, lasciano il posto a zone piatte quasi ad indicare mondi più incantati, usciti da una culla di forme geometriche irregolari
I legami con i cubisti
In effetti, il legame con il francese Georges Braque è evidente nel ricorso a tonalità basse e calde e nella piattezza dei volumi. All’altro grande padre del cubismo europeo, Pablo Picasso, invece, si rifanno i volti e le forme di un’altra opera in cui Tavagnacco ricorda il partigiano Aldo Bernardino.
Tuttavia, come lo stesso Picasso, Tavagnacco non rinuncia alla pittura figurativa e non si lancia nell’avventura dell’astrattismo. Anzi, egli stesso rivendica l’appartenenza a un filone neorealista ed alla tradizione tonale di matrice veneta.
Questa stessa opera, inoltre, introduce un’altra tematica cara al pittore inerente il lavoro operaio, quello nei campi e quello femminile in un’Italia in cui sono in atto un processo di industrializzazione e di riforme agricole.
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