Nell’arte medievale, il colore rosso non ha un significato positivo. A dirlo è lo storico francese Michel Pastoureau che, nel suo libro Medioevo simbolico, dedica un capitolo all’uomo rosso ovvero a quei traditori della tradizione letteraria laica e cristiana che vengono comunemente raffigurati con una capigliatura o una barba rossiccia.
In realtà, esiste un rosso più tendente al fulvo che è il colore dei demoni, della volpe, dell’ipocrisia, della menzogna e del tradimento.

E’ un rosso che non brilla come il vermiglio ma che, al contrario, presenta una tonalità opaca e spenta come le fiamme dell’Inferno che bruciano senza illuminare.
Giuda, il traditore rosso
Nessun testo canonico del Nuovo Testamento e neppure alcun vangelo apocrifo parla dell’aspetto fisico di Giuda. Eppure, la sua rappresentazione all’interno della scena dell’Ultima Cena è diversa rispetto agli altri apostoli. Spesso, infatti, si contrappone agli altri per la posizione intorno al tavolo, oppure regge un sacchetto di monete (la ricompensa del suo tradimento) o mette la mano nel piatto come riportano i Vangeli.


a dx, Evangelario della Germania meridionale, 1160-70, Wien
(tratti da Pastoureau, Medioevo simbolico, Laterza, 2019)
Dalla seconda metà del IX secolo, Giuda compare con la capigliatura rossiccia che diventa un suo costante attributo iconografico, associata ad una statura piccola, una fronte bassa, un volto animalesco o contratto, pelle scura, naso adunco, bocca grande e labbra nere.
I traditori rossi
Il rosso, tuttavia, non caratterizza solamente Giuda. Anche Caino è rosso perché tradisce il fratello Abele.
Nella Genesi, Esaù è “rossiccio e tutto come un mantello di pelo“: rozzo e irruente, vende al fratello Giacobbe il suo diritto di primogenitura per un piatto di lenticchie e, malgrado il pentimento, si ritrova escluso dalla benedizione paterna e messianica e deve abbandonare la Terra promessa.


(tratto da Pastoureau, Medioevo simbolico, Laterza, 2019).
A dx: Esaù respinto da Isacco, 1291-92, affresco, basilica superiore di Assisi
Anche Saul, il primo di Israele, è tra i rossi perché si suicida a causa della gelosia morbosa verso il fratello Davide. Proprio Davide, invece, “rosso con occhi bellissimi e bello di aspetto” esce dalla regola comune. Affinché il sistemi funzioni efficacemente, il binomio rosso-negatività deve avere appunto un’eccezione.
I capelli di Gano sono rossi: è lui il traditore della Chanson de Roland che per vendetta e gelosia invia al massacro il suo parente Rolando assieme ai suoi compagni. Un altro traditore rosso è Mordret, protagonista della leggenda arturiana e figlio incestuoso di re Artù.
Inoltre, tutti coloro che svolgono attività illecite o disoneste sono associati al colore rosso: boia, prostitute, usurai, cambiavalute, falsari, giullari. Tra questi, anche i fabbri, considerati stregoni, i mugnai, presentati come accumulatori e affamatori, e i macellai, crudeli e sanguinari.
Il rosso è il diverso
Il rosso, quindi, è colui che non è come gli altri e che appartiene ad una minoranza. Esso disturba, inquieta e scandalizza. Il rosso è l’altro, il diverso, l’escluso: nei romanzi arturiani del XII e XIII secolo, ad esempio, i numerosi cavalieri vermigli si contrappongono all’eroe per sfidarlo o per ucciderlo.

Peggio di essere rosso di capelli è avere la pelle punteggiata di macchie rossastre. Il chiazzato, infatti, rimanda all’impurità e inquieta perché le malattie della pelle spaventano per la loro pericolosità e mortalità. Nel Medioevo, infatti, le malattie della pelle, come la lebbra, comportano l’allontanamento dei contagiati dalle comunità per il timore di possibili contagi.