Nell’arte occidentale, almeno fino al Seicento, l’immagine di San Giuseppe è una figura assente o marginale in linea con le poche parole che gli riservano i Vangeli.
Il suo stato di anzianità e soprattutto la sua paternità nominale (secondo l’evangelista Matteo, Maria, infatti, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo) lo rendono un personaggio secondario all’interno degli episodi principali della storia di Gesù.
Nell’abbazia di Santa Maria di Cerrate, nei pressi di Lecce, sull’archivolto del portale di ingresso principale, Giuseppe riflette e medita sull’infausto destino del suo neonato. È pensieroso, con il volto poggiato sulla mano destra, mentre l’altra regge il suo strumento di lavoro.
Restando in ambito salentino, a Taviano, nel santuario della Beata Vergine Addolorata, una popolata e popolaresca scena dell’Adorazione dei pastori, datata verso la metà del Seicento, lo raffigura taciturno e seduto vicino al cesto trasformato in culla.
Il San Giuseppe di Raffaello
La presenza di contorno di Giuseppe, che sembra reiterare un’espressione preoccupata, è proposta anche da Raffaello in una delle sue numerose sacre famiglie in cui tutto il significato teologico, con gli annessi giochi di sguardi, è posto nelle figure di Gesù bambino, San Giovannino e la Vergine.
La figura di Giuseppe è più che altro funzionale alle intenzioni compositive dell’artista: è il vertice della composizione piramidale in cui si anima la scena sacra e i colori della sue veste richiamano l’ambientazione paesaggistica per ottenere una straordinario effetto di limpidezza d’insieme.
Il vecchio Giuseppe
In contrapposizione alla giovinezza della Vergine, San Giuseppe è rappresentato tradizionalmente in età avanzata. Guido Reni lo dipinge come un anziano bonario con folti capelli e barba bianca mentre culla il bambinello che tenta di accarezzargli il mento.
Nell’opera di Reni, probabilmente, si vuole sottolineare l’assunzione responsabile e consapevole della funzione di padre assunto da Giuseppe. Un ruolo che ha avuto bisogno di tempo per essere accolto e rispettato in linea con l’affermazione graduale della devozione nei suoi confronti.
Una famiglia umanissima
Murillo fa di Giuseppe il centro compositivo e narrativo di una scena religiosa di carattere tenero e di gioia domestica, in cui l’eccezionalità della famiglia di Nazareth è inscritta in un contesto di affascinante quotidianità.
La Madonna fila accanto ad un cesto di panni, Giuseppe si occupa di Gesù che gioca con un cagnolino stringendo un uccellino nella mano destra. La sensazione di serenità della scena è esaltata dall’uso della luce selettiva e dall’utilizzo di una calda gamma cromatica.
San Giuseppe, l’uomo giusto
Inoltre, nel disegno divino, Giuseppe incarna l’uomo giusto che ha accettato il proprio ruolo con umiltà e devozione, rispettando, proteggendo e amando i propri cari, una moglie legittima e un figlio non suo nella carne.
Nell’opera di Caravaggio, Giuseppe ha sonno e ha i piedi doloranti per il lungo viaggio che sta affrontando con la sua famiglia verso l’Egitto per scampare all’ordine di Erode di ammazzare i primogeniti del regno.
Se la moglie e il figlio dormono, Giuseppe invece veglia reggendo uno spartito musicale per un inusuale angelo musicante. In realtà, dietro l’apparente semplicità della scena (che non ha nulla di sacro), si nasconde una colta simbologia che rimanda alle Sacre Scritture: la corda spezzata del violino, gli elementi della natura, le note del pentagramma.
RIPOSO DURANTE LA FUGA IN EGITTO: LA SIMBOLOGIA